In questa pagina verranno inseriti link a concorsi di lettura/scrittura, il primo che vi segnalo si chiama Caro autore ti scrivo...,
è promosso da Pordenonelegge, festa del libro che si tiene a Pordenone
dal 18 al 22 settembre 2013, come leggerete nel bando la scadenza è fissata per il 16 settembre 2013
Vincitori interni del concorso “Il titolo imperfetto” promosso dal Giralibro per il 2012-2013
Premesso
che la Commissione giudicatrice ha adottato il criterio di non
premiare chi già l’anno scorso si era distinto nel concorso del
“Giralibro”, per dare ad altri la stessa opportunità, ha ora individuato
i seguenti alunni:
per le classi prime il lavoro di Letizia GrosselleI F per la coerenza con la proposta contenuta nella consegna del concorso, per la chiarezza e linearità del testo che segue:
Titolo originale: Le guerre del mondo emerso II – Le due guerriere, di Licia Troisi
Titolo cambiato: Le guerre del mondo emerso II – Nelle Terre Ignote
Io
cambierei il titolo del libro perché il viaggio nelle Terre Ignote sta
alla base del libro, mentre lo scontro fra la prima guerriera (la
protagonista) e la seconda guerriera è una necessità che si pone per la
buona riuscita del viaggio e per la salvezza dei protagonisti. La
seconda guerriera infatti è un ostacolo non molto diverso dagli altri,
anche se più difficile da superare. Cambierei il titolo anche perché
dopo la sua sconfitta la “seconda guerriera” non ha più grande
importanza, mentre è il viaggio ad avere un ruolo molto più importante,
poiché dalla sua riuscita possono dipendere la vita di molte persone, la
sorte di un intero regno e quella della protagonista. Il viaggio è il
filo conduttore del libro: i protagonisti partono dalla Marca dei Boschi
fino alla casa di Sennar (grande mago ed eroe) che si trova nelle Terre
Ignote, luogo diviso dal Mondo Emerso dal possente fiume Saar, da cui
nessuno ha fatto ritorno.
Per le classi seconde ha vinto il lavoro di Cardella Annalisa II A per la coerenza alla consegna, l’originalità delle motivazioni, la scioltezza del testo che segue:
Il libro che ho letto si intitola Aiuto! La mia famiglia mi fa impazzire, ma per me il titolo non rispecchia la trama del libro, così lo cambierei in Come comportarsi con i genitori quando ti danno fastidio e non vuoi essere disturbato.
Anche se
il titolo originale mi piaceva e mi aveva attirato molto, lo
sostituirei. Pensavo infatti fosse la classica storia, che a me piace,
che racconta di una ragazza con dei genitori irritanti, impiccioni e
invadenti che non si vogliono mai fare gli affari loro, ma che la
protagonista riesce a tenere a bada con metodi divertenti e originali
che coinvolgono il lettore.
Ma
quando ho iniziato a leggere il primo capitolo, ho capito che il libro
non era strutturato come una storia. Era, invece, una specie di elenco
che suggeriva risposte semplici ed adeguate, o pessime, da dare ai
genitori per farli smettere di darci fastidio quando stiamo facendo
qualcosa che ci interessa particolarmente e che non vogliamo che vedano.
Sono rimasta molto stupita e il resto del libro l’ho letto solo per
esercitarmi e non perché mi appassionasse leggerlo.
Il
libro, ad esempio,era impostato così: un capitolo si intitolava “Cosa
stai facendo?” e ti spiegava che non bisogna rispondere “Niente”, ma
come risposta dire una frase completa che soddisfi i genitori tanto da
non provocare altre domande.
Ecco perché io, se avessi la possibilità di modificare il titolo lo farei con: Come comportarsi con i genitori quando ti danno fastidio e non vuoi essere disturbato.
Per le classi terze si è distinto il testo di Pastore Eleonora III A per coerenza alla consegna, correttezza formale e linearità, come risulta da quanto segue:
Secondo me il titolo imperfetto è: Il mago di Oz
Come
sappiamo, la storia parla del rocambolesco viaggio che Doroty deve
affrontare per poter tornar a casa dopo che, a causa di un ciclone, lei e
il suo canwe Toto vengono sbalzati in un luogo lontano e misterioso.
Durante
l’atterraggio Doroty e Toto uccidono la Strega Cattiva dell’Est, così la
Strega Buona del Nord le regala le Scarpette d’Argento della strega
defunta.
Doroty
esprime subito il desiderio di tornare in Kansas (dove viveva), ma la
Strega Buona del Nord le consiglia di andare dal mago di Oz, perché lei
non la può aiutare. Doroty si mette in viaggio e successivamente si
uniscono a lei lo Spaventapasseri (che desidera un cervello), il
Boscaiolo di Latta (che vorrebbe un cuore) e il Leone Codardo (che sogna
il coraggio).
Dopo
molte avventure Doroty e i suoi amici arrivano nella terra di Oz, dove
si scopre che il Mago è solo un comune mortale, ma riesce ad esaudire lo
stesso i desideri dei suoi amici e costruisce una mongolfiera per poter
tornare con lei negli Stati Uniti. Le cose purtroppo non vanno come
dovrebbero e il mago parte da solo. Doroty si ritrova così al punto di
partenza e sconsolata chiede aiuto alla Strega del Sud, la quale le dice
che ha sempre posseduto lo strumento per tornare a casa e cioè le
Scarpette d’Argento che la possono portare dovunque lei desideri.
Pertanto io intitolerei questo libro: Doroty e le magiche Scarpette d’Argento.
Ho
trovato sconcertante che Doroty abbia dovuto Affrontare un viaggio
avventuroso e difficile quando aveva la soluzione a portata di mano anzi
a portata di PIEDE.
Con questo testo Anna Zampieri della classe I C si è distinta nel concorso promosso dal "Progetto di Educazione Stradale rivolto alle classi prime: un traffico a misura d’uomo per una 'Città ideale'. Scrivi un nuovo finale per la fiaba di Gianni Rodari Il pifferaio e le automobili"
Da lì a
un momento… le macchine cominciarono ad accendere i motori e si
avviarono verso il ponte non molto lontano dalla città. Quando
arrivarono sul ponte, questo cominciò a sgretolarsi e le macchine
caddero nel fiume una alla volta. I cittadini all’inizio erano molto
felici, perché pensavano ai loro bambini e alla loro salute. I bambini
erano spensierati e passavano giornate intere a giocare, ballare e
cantare nelle piazze che erano state decorate e colorate come parchi
gioco. Passato un bel po’ di tempo in cui tutto sembrava funzionare
bene, i cittadini si stancarono di non avere più le loro auto, perché
ogni giorno gli uomini arrivavano in ritardo al lavoro, mentre le donne
erano stanche di portare a mano la spesa, in quanto era molto pesante e a
volte dovevano fare molta strada a piedi per tornare a casa. Allora il
sindaco fece chiamare nel suo ufficio il pifferaio magico e gli disse di
trovare un sistema per aiutare i suoi concittadini a risolvere questa
situazione. Il pifferaio dopo lungo pensare si mise subito al lavoro e
con il suo zufolo magico riportò indietro tutte le macchine che con una
nota dolce cominciarono ad attaccarsi una vicina all’altra fino a
diventare un bellissimo e lunghissimo treno. Il treno era molto colorato
e aveva ventisette vagoni, uno era per il personale che faceva andare
il treno, uno per le valige pesanti, un altro era un ristorante lussuoso
con cibi di primissima qualità e avanti così fino ad arrivare
all’ultimo vagone. Questo era riservato agli animali domestici che
potevano viaggiare con il proprio padrone e anche farsi un bel bagnetto
profumato, mangiare cibi deliziosi e giocare fra loro. Le macchine più
brutte ed usate diventarono sempre più lunghe fino a trasformarsi in
rotaie. Questo treno aveva la capacità di andare ad aria, quindi non
inquinava e percorreva tutta la città accompagnando le persone in
qualsiasi posto volessero andare, così nessuno arrivava in ritardo o
portava pacchi troppo pesanti. La città diventò così bella, così pulita e
così felice che il pifferaio decise di andarci a vivere. Aprì anche un
negozio per strumenti musicali dove dava lezioni a coloro che erano
appassionati di musica.
Paola Zannoner giovedì 11 luglio è stata ospite della trasmissione Fahrenheit (RADIO 3)
per parlare della Banda delle Ragazzine, collana di libri che sta
pubblicando con Giunti, se volete ascoltare l'intervista ecco il podcast
Paola Zannonerè stata nostra ospite il 16 aprile e in quell'occasionei ragazzi di II C, E ed F dopo aver letto La linea del traguardo hanno provato ad aggiungere una pagina: La pagina che non c'era, prendendo spunto dall'omonimo concorso riservato agli alunni delle scuole superiori.
Ecco alcune delle loro pagine
Da inserire prima di p. 38
Leo aggrottò le fronte e salutò il padre, prima di accendere i motori del suo “bolide” e partire per tornare a casa. “Non so cosa mi sia preso... vorrei che questa giornata iniziasse da capo e come voglio io: niente nebbia; il campo verde e asciutto, senza pozzanghere e fango...” pensava Leo; meditava solo a quell’occasione che aveva cestinato all’aria... “solo per... per... l’arbitro che non ne ha fatta una giusta e i difensori avversari che sembrava mi volessero portare via... nei posti in cui io non potevo fare paura al portiere...” queste sono i discorsi che si faceva Leo se qualcosa durante la partita non era andata a buon termine... Non era mai colpa sua, ma sempre colpa degli avversari e degli arbitri...
Solo quando vide una luce rossa che rifletteva nell’asfalto bagnato della strada si accorse del semaforo davanti a lui e dell’eccessiva velocità con cui stava procedendo.
La partita era diventata un’ossessione: la strada gli rifletteva le immagini, le azioni in cui avrebbe potuto... o meglio... in cui avrebbe dovuto concludere diversamente. Era un match troppo importante per fare un passo falso... Il colore della carreggiata cambiò colore; dal rosso acceso al verde intenso e luminoso, allora tolsi la mano dal freno e accelerai di colpo. Avevo fretta di tornare a casa a fare qualcosa che mi distraesse da questa ingiusta partita ma mi chiedevo sempre: ”perché mi devono capitare questi arbitri cosi inesperti! Che vadano ad arbitrare delle partite meno importanti e poi gli avversari ce l’ avevano con me non volevano farmi proprio avere quel minimo di tempo per girarmi e passare la palla!”. Leo si sentiva anche dispiaciuto perché avrebbe dovuto cercare di mantenere la calma e giocare come sempre. Questa era la partita più importante che gli permetteva di passare a una squadra molto più forte e cosi di farsi conoscere in tutto il mondo... ma ormai tutto è perduto. Leo pensando di correre su un’ala del campo inseguito dagli avversari, accellerò ulteriormente, passando dai 40 km/h ai 55km/h senza notare degli automobilisti che gli gridavano contro:”Fai attenzione, ragazzino!” ma Leo pensava di essere ancora sul campo e che i tifosi lo stessero incitando. Leo aumentò ancora la velocità sicuramente superando i limiti consentiti dalla legge, ma eccolo arrivare a fondo campo e accentrarsi per tirare, ma ecco che un maledetto avversario gli dà una spallata, che sembra una cannonata, facendolo cadere dieci metri più avanti, è proprio in questo momento che Leo torna alla realtà. Era tutto vero, era vero che un maledetto avversario, un’auto, lo aveva colpito facendolo sobbalzare poco più avanti di un bar all’angolo dove tutti erano fermi, incapaci di reagire.
Leonardo, Matteo, Gianluca
Da inserire a p. 93, all’inizio
Il giorno prima della gara, Viola, appena tornata da casa di Leo, era
così stanca che si distese sul letto pensando al gran giorno che sarebbe
arrivato. Non era sicura di vincere, era spaventata al pensiero che
avrebbe potuto deludere i suoi famigliari, ma soprattutto Leo. Quindi
senza altri indugi, combattendo la stanchezza, si mise la tuta e si
precipitò verso il portone di casa per iniziare un duro allenamento.
Arrivata al parco iniziò a correre, infilò le cuffiette e mise il volume
al massimo, per non sentire i suoi pensieri: le pesavano le aspettative
delle persone che in quel periodo l’avevano sostenuta (come Sirio, di
certo non sua madre!). L’idea “poi” che ci sarebbe stato Leo a guardarla
la agitava tantissimo.
Il tempo volò e non si accorse che si erano già fatte le 19.00, tornò a
casa per mangiare e trovò sua madre ubriaca, immobile al centro della
stanza, quindi le disse: “Come ti sei ridotta!? Non puoi continuare
così!”. La donna farfugliò qualche parola incomprensibile di scuse e
promesse, ma Viola sapeva benissimo che nulla sarebbe cambiato, se non
in peggio. Sua madre avrebbe continuato a bere, fumare e ubriacarsi… Era
proprio senza speranza!
Viola se ne andò in cucina a preparare qualcosa, mentre sua madre si
lasciò cadere sul divano senza nemmeno provare a reagire. Finita la cena
corse in bagno a fare una doccia, pensando che avrebbe “lavato" il suo
dolore. Non fu così: si diresse verso camera sua, cercando di lasciarsi
tutto alle spalle e si sdraiò sul letto aspettando con ansia il
fatidico giorno.
Elena, Filippo F., Tommaso, Tudorita
Da inserire dopo p. 140
L’arrivo inaspettato del padre di Viola
Dopo che ebbe finito la gara, Viola riuscì a scorgere tra gli spettatori un viso familiare . . . Era suo padre!!!
Viola non sapeva che fare, non gli corse incontro, come è solita fare una figlia quando rivede suo padre, ma aspettò.
Subito dopo che ebbe visto suo padre, un mucchio di gente, tra cui sua
madre, le corse incontro per farle i complimenti per essere arrivata
prima. Man mano la gente se ne andò via, quando non ci fu più nessuno il
padre si avvicinò a Viola. All’inizio aveva uno sguardo molto teso e
pensieroso, non sapeva cosa dire dopo tutto quel tempo che non si era
fatto vivo e non si era preso cura di lei in nessun modo. A un certo
punto incominciò a parlare, ma pronunciò le solite banalità: “Scusa, mi
perdoni?” Viola non lo stette neanche ad ascoltare, all’improvviso
interruppe suo padre e disse: “Non devi chiedere scusa a me, ma a chi è
stato veramente male”, contemporaneamente Viola si voltò e con lo
sguardo indicò sua madre. Allora il padre incominciò ad avviarsi
lentamente verso sua moglie. Patricia alla vista del marito gli corse
incontro e lo abbracciò con tanta felicità. Allora Viola guardandoli da
lontano sorrise e incominciò a correre per andare ad abbracciare suo
padre e sua madre che erano ritornati alla vita.
Antonio, Enrico, Asia e Filippo
Epilogo
Non poteva esserci un finale migliore: ho vinto la gara, ma ho vinto
anche qualcosa di molto più importante nel momento in cui ho visto mia
madre uscire dopo tanto tempo. Finalmente aveva capito che anche senza
mio padre poteva farcela. Poteva avere una vita normale, come tutte le
altre donne, si era resa conto che non era una fallita. Da quel giorno è
uscita più spesso, si incontrava frequentemente con le amiche che non
vedeva da tanto tempo ma, cosa più importante di tutte, aveva buttato il
televisore! Ero talmente contenta che non ci credevo! Era tornata la
Patricia di sempre, quella di cui mio padre si era innamorato anni fa …
Solo dopo un po’ mi sono resa conto che con lei era stato un po’ come
con Leo. Anche lei dopo un momento difficile era riuscita a rialzarsi, a
non considerarsi più un rifiuto e a ritrovare la voglia di vivere! Ho
capito che dopo tanti ostacoli ero arrivata al traguardo e avevo
finalmente superato quella linea. La linea che separava la vecchia dalla
nuova vita, una vita migliore per me e per gli altri …
Ero al settimo cielo.
Io sono Viola ce l’ho fatta!
Mio padre credeva in me. Finalmente da dopo l’incidente aveva avuto il
coraggio di guardarmi, di parlarmi perfino di abbracciarmi. Si era
scusato con parole poco raffinate, ma sincere e ciò mi ha reso felice,
felice come non ero da tempo. Devo ammetterlo, mi sono quasi commosso,
con il suo abbraccio ha sciolto i miei dolori. Però erano lacrime di
gioia.
Non so trovare le parole per descrivere tanta contentezza. Mio padre
aveva sempre avuto grandi aspettative nei miei confronti e averlo perso
dopo la paralisi era stato straziante, anche se non me ne ero reso ben
conto. Ora anche la gente del quartiere si è abituata a me, nessuno mi
guarda male, nessuno sembra provare pietà per me, sono una persona
(quasi) normale.
Io sono Leo ce l’ho fatta!
Noi siamo Leo e Viola e ce l’abbiamo fatta!
Gaia, Mariafiore, Angela, Silvia, Pietro
Da inserire dopo p. 137
Enrico rientrò con una certa serenità sul volto, si sedette sugli spalti
e dovette persino nascondere le mani in mezzo alle gambe e mordersi la
lingua per evitare che si notasse il continuo fremito che lo percorreva
da cima a fondo, percuotendolo in un unico, penetrante brivido. Ad ogni
canestro segnato da Leo perdeva il controllo e si agitava saltando con
le braccia in aria, prendeva parte ai cori di incoraggiamento, insieme
agli altri ragazzi. Era come una scossa adrenalinica, ad ogni punto
segnato si sentiva sempre più vivo e più giovane, più forte, ritrovando
la gioia che non aveva mai più ritrovato dai tempi del liceo. Finita la
partita era paonazzo in volto, i suoi capelli, sempre tenuti ordinati,
erano ora una matassa scompigliata, la camicia era bagnata fradicia…
Come un ubriaco, si direbbe, ma c’era qualcosa di diverso
dall’espressione malinconica e trasognata di quello che ha bevuto
troppo: Enrico aveva un sorriso a trentadue denti, fresco, pulito e
giovane.
Come tutti gli altri genitori, era impaziente di incontrare il suo Leo.
Aveva fumato dieci sigarette da quanto era agitato; aveva camminato
avanti e indietro per non si sa quante volte. Finalmente la squadra
vincente uscì e la schiera dei padri e delle madri (compresa Gisella) si
era letteralmente precipitata sui figli. Grida di -ti voglio bene!-,
-Bravissimi!-, baci, abbracci, strette di mano volavano di qua e di là.
C’era solo un uomo che stava fermo e non faceva niente: i capelli
rimessi al proprio posto, giacca e cravatta, mani in tasca, sguardo
perso, che si rianimò solo quando la folla si diradò e resto solo una
donna con il figlio in carrozzina, che si avvicinò al padre, che gli
diede uno sguardo di sfuggita e andò verso il parchetto accanto alla
palestra.
Leo aveva capito: suo padre voleva che lo seguisse. Diede una lieve
spinta alle ruote ed eccolo sul ghiaino del parco, accanto ad Enrico.
Questi iniziò a parlare con dei brontolii, indugiando… poi iniziò il
discorso, deciso.
-Ecco… Bfnf…grfff…insomma, so che dall’incidente non ti ho più parlato
molto e non ti ho badato e sostenuto come avrei dovuto: ho sbagliato.
Solo adesso me ne rendo conto e me ne pento, mi accorgo che il mondo di
prima non era basato su altro che non il calcio, quest’unica aspettativa
mi ha offuscato la vista e riempito così d’orgoglio che il tuo
incidente e la conseguenza del “non-più-calcio” mi ha messo molto in
difficoltà e mi ha portato a fare degli errori stupidi con te. Perché tu
sei sempre tu, il mio Leo, sei sempre l’energia scatenante e contagiosa
di prima, sei l’adrenalina che ti scuote da capo a fondo ogni volto che
qualcuno ti guarda…Tu sei mio figlio.- Una lacrima gli rigò il viso.
-E per questo… ti chiedo scusa.-
Gli occhi di Leo stavano fissi su quelli di suo padre. Passarono alcuni secondi, che sembrarono un’eternità.
-E tu sei mio padre, scuse accettate, papà-. Il suo viso fu illuminato
da uno splendente sorriso; si gettò con le braccia su suo padre che si
chinò per arrivare alla sua altezza.
-Ti voglio bene papà-
Lisa, Ginevra, Romina, Anna, Sofia
Da inserire a p. 64 (riga 7)
Leo, però, era testardo come un mulo. Non si capacitava a girare le
ruote di quella carrozzina per tornare indietro, magari a casa per bere
qualcosa di caldo, con quel freddo che faceva fuori.
Intanto il fiume scorreva velocemente e portava con sé i detriti che il
vento sferzante dei giorni precedenti aveva spezzato. Era anche pieno
d’acqua e di fango e per Leo, tuffarsi poteva essere letale.
Nel frattempo Viola stava partendo da casa sua per portare i compiti a
Leo, ma lui era lì, vicino a quel fiumicello e minacciava di uccidersi
gettandosi in quell’acqua gelida e insidiosa. In quel momento ebbe un
flash: “E ora che sono in questa carrozzina, che ne sarà della mia vita?
Non potrò più partecipare a quelle gare ed inseguire quella vittoria
che avrei sempre voluto. Non valgo più niente in questo stato”.
Proprio in quel momento vide Viola che si stava dirigendo verso casa sua per la loro lezione quotidiana.
In quel istante sentì i muscoli delle braccia bloccarsi e subito pensò:
“Perché buttarsi in quest’acqua gelida quando ho delle persone che mi
amano e che credono in me... perché lasciarle in preda alla
disperazione: una madre e un padre senza figlio, un bambino senza
fratello e i miei compagni senza di me. Sono stato uno stupido a pensare
una cosa del genere solo perché sono in una sedia a rotelle! E’ meglio
che ritorni a casa, non merito di morire così! La mia vita andrà avanti
allo stesso modo di prima.”
Leo allora, fece marcia indietro e si allontanò da quel corso d’acqua tanto temuto.